L’ “economia lineare” è quella che prende, usa e getta, senza porsi il problema di capire cosa fare quando le materie prime del pianeta saranno esaurite. Il suo opposto è l’ “economia circolare” che riutilizza le risorse. L’impianto di Vellezzo Bellini risponde a questi principi, e in più produce biogas generando energia elettrica
Da “Punto di Vista” di dicembre 2016
Vellezzo Bellini (PV) – Bastano due parole per spiegare il perché a Vellezzo Bellini sia nato un “centro per il recupero degli elementi nutritivi” realizzato dall’azienda “Acqua & Sole” e queste due parole sono “economia circolare“. Se ne parla tanto ma di cosa si tratta? Per capirlo è sufficiente rifarsi al significato del loro opposto, ovvero l’ “economia lineare“, che contraddistingue la nostra civiltà dei consumi: è quella che prende, usa e getta, senza recuperare le risorse già in circolo, e che necessita di continui apporti di materie prime per soddisfare i crescenti bisogni dell’umanità. Risorse sprecate, quindi, ma anche e soprattutto un grande interrogativo: cosa succederà quando, prima o poi, si arriverà al capolinea e le materie prime saranno esaurite?
Il tema è di quelli che sono al centro dell’attenzione (e delle preoccupazioni) di governi e istituzioni di mezzo mondo, specie adesso che i cambiamenti climatici rischiano di modificare in modo significativo determinati equilibri geopolitici e, con essi, le sorti dell’agricoltura dalla quale derivano i prodotti alimentari necessari alla vita dell’uomo.
Si dà per scontato, infatti, che la fertilizzazione della terra sia un fatto “naturale” o avvenga con autosufficienza, secondo pratiche che si tramandano da millenni. Invece, in particolare in Europa, dopo decenni di coltivazioni intensive che hanno fortemente ridotto la biodiversità, con la popolazione cresciuta in modo esponenziale (che consuma più di quello che il pianeta è in grado di fornire), è sempre più difficile garantire la fertilizzazione dei terreni destinati all’agricoltura. Inoltre la concimazione della terra oggi avviene importando soprattutto fertilizzanti di origine chimica derivanti da giacimenti presenti solo in poche nazioni, e si tratta di prodotti che non restituiscono al suolo sostanze organiche ma solo elementi nutritivi che i campi non riescono a trattenere nello strato superficiale del terreno, proprio dove sarebbe necessario alle colture.
Una risposta a questa sfida è quella rappresentata dall’apertura dell’impianto industriale di “Acqua & Sole” per un ritorno all’economia circolare, ovvero riportando alla terra gli elementi nutritivi sottratti con il raccolto e giunti a fine ciclo sotto forma di sostanza organica da riutilizzare anziché essere smaltiti come rifiuti: solo restituendo all’ambiente quello che gli era stato “tolto”, infatti, si può rendere la terra nuovamente fertile e produttiva, garantendo alle prossime generazioni un futuro sostenibile.
Per conoscere da vicino la realtà di questo centro inaugurato nell’aprile scorso dalla società del Gruppo “Neorurale”, la mattina di domenica 27 novembre l’azienda di Vellezzo Bellini ha promosso l’annuale Open Day – il primo ad impianto operativo – attraverso il quale i partecipanti hanno avuto la possibilità di visitare lo stabilimento per il recupero degli elementi nutritivi, applicando concretamente i principi e le tecniche dell’economia circolare.
Venti milioni di euro di investimento e un concentrato di tecnologia presentata ad EXPO 2015 (e che sta per essere esportata negli USA e in Europa) hanno permesso la realizzazione di questo polo industriale all’avanguardia che si estende su una superficie di 5 ettari e nel quale si lavorano 120mila tonnellate all’anno di elementi da trasformare in fertilizzanti per l’agricoltura, derivanti principalmente dai fanghi da depurazione civile, da lavorazioni di aziende agroalimentari e zootecniche, prodotti alimentari scaduti e FORSU liquida (la parte liquida dei rifiuti umidi domestici).
L’azienda riceve un corrispettivo dai produttori dei fanghi che hanno scelto di destinare all’impianto di Vellezzo Bellini lo smaltimento dei loro residui e, a sua volta, “Acqua & Sole” corrisponde al Comune di Vellezzo e di Rognano rispettivamente una quota a tonnellata per ciascuna delle 120mila tonnellate di prodotto in entrata. «Si tratta di sostanze che non contengono elementi chimici né altri inquinanti pericolosi e con una presenza di metalli pesanti ben al di sotto dei limiti di legge», ha affermato l’azienda che dall’autunno di quest’anno utilizza anch’essa il proprio fertilizzante per concimare circa 1000 ettari (su un totale di 1400) coltivati dalle imprese agricole del Gruppo.
Tre grandi “digestori” da 4500 metri cubi ciascuno, dove viene fermentato il futuro fertilizzante in attesa di essere stoccato nell’apposita cisterna, vengono riscaldati a 55 gradi per garantire l’igienizzazione, arrivando a produrre (una volta a regime) fino a 300 metri cubi all’ora di metano, col quale si produce l’energia elettrica e termica necessaria a mantenere operativo l’intero impianto in modo totalmente autosufficiente. Al termine del ciclo di lavorazione, nel prodotto finale chiamato “digestato da rifiuti” non vengono rilevati batteri intestinali e tanto meno microrganismi patogeni e non sono riscontrabili odori in maniera significativa in quanto le sostanze odorigene sono già trasformate in biogas. Lo stabilimento lavora a ciclo continuo 24 ore su 24 e richiede pochissimo personale operativo ma altamente specializzato. Alla fine, il digestato complessivamente prodotto e corrispondente a circa 170mila tonnellate (va diluito abbondantemente durante la lavorazione per essere usato in forma liquida) viene prelevato e distribuito, iniettandolo nel terreno, ma solo due volte all’anno in fase di pre-semina (autunno o primavera).
Dopo il rifornimento effettuato direttamente all’impianto, i trattori dotati di speciali autobotti effettuano la distribuzione in maniera controllata e tracciata, con l’aiuto di GPS collegati a computer, su terreni destinati alla produzione agricola preventivamente analizzati, giudicati idonei e autorizzati dalle province di competenza. La distribuzione (che non ha nulla a che vedere con altre pratiche più comuni, come ad esempio i copiosi sversamenti di liquami zootecnici sui campi con tutte le fastidiose conseguenze del caso) consiste in una iniezione del prodotto diluito appena sotto la superficie del terreno, ad una profondità di 10-15 centimetri, affinché la fertilizzazione del suolo avvenga senza tecniche invasive rispettando la stratificazione naturale del terreno, restituendo la giusta quantità di materiale organico a beneficio delle successive colture.
Una volta a regime, l’impianto produrrà un quantitativo di fertilizzante in grado di soddisfare il fabbisogno di 4000-4500 ettari di terreni agricoli. Più di un quinto delle 170mila tonnellate di digestato prodotto (circa 40mila) verrà utilizzato direttamente sui terreni delle cascine di “Terra e Vita”, il ramo agricolo della holding “Neorurale”, e sono già 5000 le tonnellate distribuite nelle aziende agricole di proprietà fra Giussago, Vellezzo, Rognano e Corteolona. In occasione del primo spandimento avvenuto fra ottobre e novembre, erano presenti anche alcuni sindaci del territorio che hanno verificato di persona l’operazione, svoltasi nella massima trasparenza e senza disagi odorigeni.
Va precisato infine che il digestato, viene distribuito gratuitamente alle aziende agricole interessate ad impiegarlo come fertilizzante, con un ritorno economico per il territorio, se si considera il mancato esborso per l’acquisto di concimi chimici, di oltre 1.800.000 euro.
In allegato una galleria di immagini relativa alla notizia in oggetto.
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