L’energia si fa “in casa” con il biogas: i fanghi riscaldati a 55 gradi per 20 giorni producono fino 300 mc di metano ogni ora. «Tutto il nostro complesso industriale potrebbe funzionare anche svincolato dalla rete elettrica, ma naturalmente ne siamo collegati perché l’esubero di energia lo cediamo alla rete benché in modo non incentivato»

Da “Punto di Vista” di dicembre 2016

Vellezzo Bellini (PV) – Gilberto Garuti è il responsabile ricerca e sviluppo dell’azienda “Acqua & Sole” che accoglie i gruppi di visitatori in occasione dell’Open Day di domenica 27 novembre. Come prima cosa, parlando ai cittadini venuti a visitare l’impianto, il dottor Garuti parte dal concetto di rifiuto che, chiaramente, è stato al centro delle perplessità manifestate dall’opinione pubblica in occasione della costruzione dell’impianto di Vellezzo Bellini.

«L’idea della materia organica intesa come “rifiuto” per certi versi preoccupa i cittadini perché è una sostanza che in quanto tale, per essere smaltita, necessita che qualcuno la trasformi in qualcos’altro e naturalmente, essendo un’impresa privata, facendosi pagare. Tuttavia, nel nostro caso, più che di smaltimento si tratta di un recupero di elementi e di materia per arricchire i terreni di nutrienti organici, che non sono così semplici da trovare», ha spiegato il dottor Garuti.

«Il recupero di sostanza organica, ovviamente non inquinata, determina un miglioramento della fertilità dei campi e questa evidenza deriva da prove e analisi che abbiamo effettuato nelle nostre aziende agricole. Oltretutto il fatto di mantenere le caratteristiche del “rifiuto” quale prodotto finale, rende il digestato ottenuto a fine lavorazione oggetto di una serie di controlli più rigorosi e stringenti in osservanza delle leggi vigenti. Altrimenti, l’unico garante della sicurezza delle pratiche di concimazione dei propri terreni sarebbe soltanto il singolo agricoltore, che è libero di utilizzare in piena autonomia sostanze e ritrovati chimici senza un sistema di controlli equivalente».

L’impianto di “Acqua & Sole” è stato pensato 7-8 anni fa, ed è nato dalla volontà di utilizzare conoscenze pregresse sviluppate in azienda oppure in imprese esterne o nelle università per poter recuperare le sostanze organiche contenute nei rifiuti nel modo più “virtuoso” e “sostenibile” possibile, soddisfacendo tre aspetti: 1) non deve avere impatto negativo sull’ambiente; 2) non deve rappresentare socialmente un problema, quindi creare odori e rischi igienici o trasferire malattie; 3) che sia in grado di sostenersi dal punto di vista economico.

«Sull’aspetto economico ci siamo chiesti se fossimo in grado di creare un centro che non consumasse energia ma si autoalimentasse garantendo il funzionamento dell’impianto in ogni suo componente», ha detto Garuti, «il processo per togliere gli odori e per igienizzare i fanghi di fatto sfrutta un processo anaerobico termofilo a 55 gradi che dura circa 20 giorni, consentendo di degradare tutte le sostanze organiche presenti nei tre digestori, portandole a un livello odorigeno più basso. Così facendo si produce un gas metano che usiamo per generare energia elettrica e energia termica, essenziale per produrre il calore necessario a riscaldare gli impianti. Tutto il nostro complesso industriale potrebbe funzionare anche svincolato dalla rete elettrica, ma naturalmente ne siamo collegati perché l’esubero di energia lo cediamo alla rete benché in modo non incentivato: col biogas, infatti, produciamo energia elettrica per il nostro fabbisogno, mentre quella in più la vendiamo alla rete a 40 euro per megawatt/ora mentre le aziende agricole incentivate la vendono a 280 euro per megawatt/ora (sette volte di più) e questo per scelta aziendale»

Per quanto attiene all’igienizzazione, «oltre ad abbattere gli odori dovevamo ridurre la presenza di patogeni o microrganismi che potrebbero essere un problema sotto l’aspetto igienico, visto che stiamo parlando di migliaia di tonnellate di fanghi provenienti dagli scarichi domestici», prosegue il responsabile di “Acqua & Sole”. «Abbiamo risolto il problema con un altro processo autosufficiente: grazie ai digestori ricaviamo non solo biogas ma anche ammoniaca che è un ottimo disinfettante. Ma se la quantità di ammoniaca autoprodotta è troppo elevata, con un sistema che abbiamo brevettato, riusciamo a toglierne una quota in eccesso preservandone la giusta quantità in grado di uccidere tutti i microrganismi intestinali patogeni e non, e nello stesso tempo riusciamo a mantenere vivi i microrganismi che servono alla degradazione del processo della sostanza organica e che producono il biogas. Al termine, il fertilizzante prodotto contiene la giusta quantità di ammoniaca indispensabile per igienizzare il digestato che, infatti, non presenta più i patogeni e nemmeno i coliformi intestinali».

L’aspetto sociale connesso all’uso del digestato sparso sui campi riguarda un eventuale impatto odorigeno: «Il nostro prodotto viene pompato e iniettato appena sotto la superficie del suolo per due motivi: il primo perché in questo modo non si disperde l’ammoniaca che è presente nel prodotto, che è un ottimo concime ma se si utilizza per “innaffiare” le superfici evapora, ed è questo il motivo che genera l’odore», prosegue Garuti.

«Perdendo l’ammoniaca, si perderebbe anche la capacità fertilizzante del prodotto: basti pensare che in estate quando i terreni sono molto caldi, la quantità di ammoniaca evaporata arriva fino al 75/80% in appena 24 ore. A tale proposito, invitiamo tutti i cittadini a segnalarci qualsiasi problematica di tipo odorigeno dovessero avvertire perché in estate è già successo che la nostra azienda sia stata erroneamente ritenuta responsabile di situazioni maleodoranti pur non c’entrando niente. Infatti non abbiamo mai effettuato spandimenti prima di questo autunno».

Indipendentemente dall’uso agricolo dei fanghi, considerato dall’Unione Europea la migliore soluzione possibile, quali sono le alternative attualmente in vigore per smaltirli? «Sono solo due: incenerirli o mandarli in discarica ma prima andrebbero disidratati perché sono composti all’80% di acqua ed evidentemente rischierebbero di fermentare producendo biogas e disagi enormi», conclude Gilberto Garuti, «sia l’incenerimento che la discarica hanno costi energetici ed economici enormi, oltre a disperdere un patrimonio di nutrienti potenzialmente utili e recuperabili».

In allegato una galleria di immagini relativa alla notizia in oggetto.

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Damiano NegriCell. 335 1457216 – E-mail: damiano.negri@gmail.com

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