La direttiva europea e i limiti sui fanghi: «Sono limiti molto severi previsti da una direttiva europea ispirati da un principio di precauzione che mette al riparo noi e i nostri discendenti da eventuali rischi per i prossimi diecimila anni»

Da “Punto di Vista” di dicembre 2016

Vellezzo Bellini (PV) – La direttiva europea sugli spandimenti ha stabilito in 5 tonnellate per ettaro la quantità massima di fanghi che si possono distribuire affinché la concentrazione di metalli pesanti risulti ininfluente nel tempo.

«Sono limiti molto severi previsti da una direttiva europea ispirati da un principio di precauzione che mette al riparo noi e i nostri discendenti da eventuali rischi per i prossimi diecimila anni», afferma il dottor Gilberto Garuti, «comunque noi, col nostro digestato, siamo ben al di sotto dei livelli massimi imposti dall’Unione Europea: per quanto riguarda lo zinco, che è il metallo che più si avvicina ai limiti della direttiva, siamo a un quarto della concentrazione consentita, ovvero a 700 mg/kg mentre il limite massimo è 2500 mg/kg. Per gli altri metalli come il mercurio, il piombo e via dicendo, la presenza nei fanghi è di 8-10 volte inferiore rispetto ai limiti, questo perché le emissioni puntuali in questi ultimi anni si sono ridotte moltissimo. Questo è un dato che ci deve tranquillizzare».

Oltre ai metalli pesanti, nei fanghi potrebbero essere presenti residui di antibiotici: «Sono stati fatti studi anche su questo», prosegue il responsabile ricerca e sviluppo di “Acqua & Sole”, «di fatto, dal punto di vista scientifico, non è mai stato dimostrato che lo spandimento dei fanghi con queste sostanze abbia avuto un impatto negativo sui terreni. Da un punto di vista microbiologico l’effetto dei residui di antibiotici ad uso umano dispersi sui terreni è praticamente nullo: il loro utilizzo, infatti, è controllato sia dai medici che dalle stesse persone che li assumono, quindi la loro presenza è irrisoria. Semmai il problema sono gli antibiotici usati negli allevamenti intensivi che assorbono più del 70% di quelli commercializzati in Italia. E’ sui liquami zootecnici che esistono alcuni riscontri scientifici evidenti di effetti di antibiotico-resistenza».

In ogni caso, «ricordo che la maggior parte delle sostanza organiche viene rapidamente degradata a livello del suolo, quindi anche da quel punto di vista non esistono rischi scientificamente provati, ma ogni eventualità viene costantemente valutata», precisa Garuti. «Ricordo che qualsiasi nuova molecola organica prima di essere immessa sul mercato, deve essere sottoposta a verifiche rigorose affinché non origini danni ambientali di alcun tipo, quindi il problema è affrontato a monte. Attualmente, secondo la scienza, il migliore utilizzo dei fanghi è quello agricolo per fertilizzare i terreni da colture ma chiaramente si tratta di un lavoro che deve essere fatto nel modo più serio possibile, per consentire il recupero delle sostanze nutrienti utili e non lo smaltimento di sostanze nocive».

L’unica voce “fuori dal coro” in Europa si è levata dalla Svizzera, che ha vietato i fanghi per “motivi precauzionali” fin dal 2003. «Ufficialmente si sono appellati ad un principio di precauzione nemmeno supportato da evidenze scientifiche, ma sappiamo che la Confederazione Elvetica ha un grosso apparato di industrie chimiche e una rete di inceneritori e l’opposizione all’uso dei fanghi in agricoltura origina probabilmente dalla pressione di determinati ambienti industriali», osserva il responsabile di “Acqua & Sole”. «Ogni Stato tutela i propri interessi: del resto, anche l’Olanda, che è piena di allevamenti e produce una quantità enorme di liquami zootecnici, li vorrebbe esportare in giro per l’Europa valorizzandoli come una preziosa risorsa. Non a caso è favorevole all’incenerimento dei fanghi civili che tolgono spazio ai propri liquami».

In allegato una veduta esterna dell’impianto “Acqua & Sole” di Vellezzo Bellini.

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